Alla Festa della donna non bastano le sole mimose

Alla Festa della donna non bastano le sole mimose

Buon 8 marzo, e buona Festa delle Donne a tutte. A leggere le parole che accompagnano gli auguri su carta stampata e social media ci sembra di capire che abbiamo ancora bisogno di un evento che ci faccia ricordare come la parità di genere sia un traguardo non ancora pienamente raggiunto nemmeno in sede legislativa, e ancora lontano da una parvenza di accettabilità in troppi campi delle applicazioni umane.

Da un punto di vista legislativo, secondo uno studio molto articolato commissionato dalla Banca Mondiale (World Bank), sono dieci i Paesi del mondo più virtuosi che hanno realizzato la parità: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Portogallo e Svezia., con un indice a quota 100.

L’Italia (97,5 punti) sarebbe quasi perfetta, se non fosse per l’articolo 89 del Codice Civile, che recita «non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio». Impegnarci a togliere quest’ultimo anello della catena sarebbe più concreto di tanti discorsi.

Ma togliere cattive abitudini e retaggi culturali di un passato maschilista rimane ancora un’impresa. Certo, Roma non è stata fatta in un giorno.

Mettere in pratica la parità di genere nel trattamento economico aziendale, è ancora lungi da venire. O le possibilità di carriera, di movimento, di libertà, di opinione, di vita.

Abbiamo letto da qualche parte: “Le donne oggi non vogliono le mimose, ma la libertà di camminare di notte al buio senza avere nessuno dietro che la segue, uscire e vestirsi come cazzo le pare senza ricevere fischi e suoni di clacson, la libertà di vivere senza essere oppresse nel matrimonio”.

Qualcuno dirà che sono problemi che hanno anche gli uomini. L’unico vantaggio per i maschi è nemmeno in quelle situazioni  corrono il rischio del femminicidio, quando una donna viene uccisa perché è una donna.

Qui e in riferimento a questo che deve scattare il meccanismo culturale per andare oltre i pregiudizi che ci sono stati tramandati. Oggi la forza della nostra società avanzata e occidentale è quella che la produzione del futuro è affidata ad entrambi i sessi.

Non una forza lavoro, ma una forza creativa che è più forte delle leggi e della loro mancata applicazione. I cattivi esempi vengono dalla politica e, giusto per farne uno, nella composizione dell’ultimo governo la parità di genere ha preso diversi schiaffi.

Ci piacerebbe superare una legge costrittoria come questa per accedere solo a quella del merito, ma nei fatti è provato che il salto culturale molti non l’hanno ancora fatto nella loro testa e in generale la nostra società italiana è ancora arretrata. Si, ci sono motivi per festeggiare la ricorrenza dell’ 8 marzo e ricordarlo a tutti.

E se dobbiamo riscrivere anche la grammatica, nel giorno in cui si discute di “direttore d’orchestra o direttoressa” o se segretario (di un partito) sia una carica importante e segretaria (d’azienda) un ruolo sminuito, avremo la pazienza di farlo parola per parola.

Come Unione Italiana Professionalità in Agricoltura non possiamo chiudere senza un particolare pensiero di auguri per le oltre 200mila le donne imprenditrici in agricoltura e per tutte le lavoratrici con una presenza in tutti i settori, dall’allevamento al florovivaismo, dall’agriturismo alla coltivazione di frutta e verdura.

Donne che hanno nella testa e nel cuore il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità.

Una bella fetta del nostro presente e del nostro futuro fatto di continua e costante presenza “sul campo”, e detto senza retorica. E un cammino da intensificare con la completa abolizione delle disparità di genere.