Agricoltura & PAC: Mipaaf a lavoro sul nuovo Piano strategico dell’Italia

Agricoltura & PAC: Mipaaf a lavoro sul nuovo Piano strategico dell’Italia

Il nuovo ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli sta per avviare il confronto sul Piano strategico nazionale della Politica agricola comune, che dovrà essere presentato alla Commissione europea entro fine anno. Mentre entro luglio, ha spiegato in audizione al Senato, il Mipaaf dovrà definire il quadro regolatorio per la domanda PAC 2022.

La nuova Politica agricola comune (PAC) che entrerà in vigore nel 2023 si baserà sui Piani strategici nazionali, un nuovo delivery model che permetterà agli Stati membri di gestire all’interno di una cornice organica sia le risorse per i pagamenti diretti che quelle per lo sviluppo rurale, per rispondere alle sfide specifiche nazionali e regionali e centrare gli obiettivi condivisi a livello dell’Unione.

Dopo la definizione delle rispettive posizioni negoziali, nel mese di ottobre, il 10 novembre scorso Parlamento e Consiglio hanno avviato i triloghi con la Commissione europea che dovrebbero portare, secondo gli auspici della presidenza portoghese, ad un accordo finale sulla nuova PAC entro maggio 2021.

Nel frattempo, gli Stati membri devono avviare i lavori sui Piani strategici nazionali per centrare la scadenza di fine anno per l’invio alla Commissione europea. L’esecutivo guidato da Giuseppe Conte aveva da poco avviato la fase di costruzione del tavolo di partenariato per il confronto tra tutti i soggetti del mondo istituzionale e produttivo sul documento di programmazione, quando la crisi di governo è intervenuta a sparigliare le carte. Spetta quindi al nuovo governo Draghi renderlo operativo e stilare il Piano nazionale PAC che, in complementarietà con gli interventi previsti dal Recovery Plan, deciderà il futuro del settore agricolo e il suo contributo alla transizione verde dell’UE.

L’altro fronte è quello relativo alla possibilità, prevista dal Regolamento transitorio della PAC, di modificare in parte il quadro normativo 2014-2020, adottando delle decisioni nazionali di attuazione su questioni specifiche, che riguardano, per l’anno di domanda 2020, il processo di convergenza interna del valore dei diritti all’aiuto, mentre per gli anni di domanda 2021 e 2022 anche riduzioni e capping, flessibilità e trasferimento di fondi tra il primo e il secondo pilastro, pagamento redistributivo, revisione del sostegno accoppiato, ecc.

Sempre a causa della crisi di governo, l’Italia ha mancato la scadenza per notificare a Bruxelles queste decisioni, fissata al 19 febbraio, confermando automaticamente il quadro regolatorio in essere anche per le domande 2020 e 2021. Ora l’obiettivo del nuovo ministro Patuanelli è rispettare la scadenza di luglio per introdurre, a seguito del confronto con gli attori del settore, eventuali modifiche con riferimento alla domanda PAC 2022 “su alcuni questioni di estrema rilevanza, quali la convergenza interna e gli aiuti accoppiati”.

Cosa sono i Piani strategici della PAC

Grande innovazione ed elemento chiave della riforma della Politica agricola comune, i Piani strategici stabiliranno in che modo ogni Stato membro utilizzerà le risorse del primo e del secondo pilastro sulla base di un’analisi delle rispettive condizioni di partenza, delle problematiche da affrontare e degli obiettivi specifici della PAC, che riguardano tematiche ambientali, sociali ed economiche, insieme a un target trasversale sull’aumento della conoscenza e dell’innovazione.

I Piani strategici dovranno inoltre tenere conto delle ambizioni del Green Deal europeo e più specificamente degli obiettivi quantificati nelle strategie Farm to fork e Biodiversità. Tra questi, una riduzione, entro il 2030, del 50% dell’uso e del rischio di pesticidi, di almeno il 20% dell’uso di fertilizzanti e del 50% delle vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali allevati e l’acquacoltura. In più, un target del 25% dei terreni agricoli dedicati all’agricoltura biologica e l’accesso del 100% della popolazione alla banda larga veloce nelle zone rurali entro il 2025.

Per centrare questi obiettivi la nuova Politica agricola prevede una nuova architettura verde che si basa su una condizionalità rafforzata, sulle misure climatiche e ambientali dello sviluppo rurale (cui andrà il 30 o il 35% dei budget FEASR a seconda che prevalga la linea, rispettivamente, del Consiglio o del Parlamento) e sugli ecoschemi, un nuovo meccanismo – obbligatorio per gli Stati membri, ma facoltativo per gli agricoltori – che premia con pagamenti supplementari chi adotta pratiche benefiche per il clima e l’ambiente che vanno oltre i vincoli già richiesti. Secondo il Consiglio a questi ecoschemi dovrebbe andare almeno il 20% delle risorse dei pagamenti diretti, mentre il Parlamento europeo chiede di salire al 30%.

In base all’accordo tra i 27, inoltre, l’eventuale quota di risorse FEASR destinate alle misure agro-climatico-ambientali dei PSR in eccesso rispetto alla soglia minima potrebbe essere utilizzata per applicare uno sconto alla quota dedicata agli ecoschemi nell’ambito dei pagamenti diretti, quindi per ridurre la percentuale del 20%.

Al di là delle quote obbligatorie, in ogni caso, ha sottolineato il capo del dipartimento delle Politiche europee internazionali e dello sviluppo rurale del Mipaaf, Giuseppe Blasi, nel corso di un’audizione al Senato, per le politiche green è decisivo il fatto che si sia passati da una politica basata sulla conformità alle regole UE a una centrata sui risultati. Se si pongono obiettivi sfidanti in materia di sostenibilità dell’agricoltura, ha detto, i comportamenti degli agricoltori cambieranno significativamente.

Quali sono le scelte che l’Italia deve fare per il Piano strategico PAC

A gennaio la Commissione europea ha pubblicato una lista dei possibili ecoschemi che gli Stati membri possono attivare nell’ambito dei Piani strategici della PAC. Si tratta però solo di una delle decisioni che l’Italia deve compiere nel redigere il documento, dal momento che la riforma la Politica agricola che partirà nel 2023 introduce diversi elementi di flessibilità per gli Stati membri.

Anzitutto, ha spiegato Blasi, sugli aspetti finanziari, c’è la possibilità di trasferire fondi tra pilastri e va decisa la quota di risorse da destinare all’architettura verde sia nel primo che nel secondo pilastro, al sostegno accoppiato e ai giovani agricoltori. Ulteriori scelte riguardano l’applicazione del capping per gli aiuti superiori a 100mila euro – con la possibilità di scorporare dal calcolo totale tutti i costi del lavoro – e la degressività degli aiuti per scaglioni a partire da 60mila euro.

Gli Stati membri possono poi intervenire sull’individuazione dei beneficiari, delimitando ulteriormente la figura dell’agricoltore attivo sulla base di ulteriori criteri oggettivi non discriminatori e definendo il target del giovane agricoltore, che però non dovrebbe subire cambiamenti rispetto alla PAC 2014-2020.

Ulteriori scelte riguardano le tipologie di intervento per i pagamenti diretti: oltre all’impianto degli ecoschemi, su cui sono in corso approfondimenti tecnici in modo da valorizzare buone pratiche già sperimentate nel nostro paese, ci sono scelte da fare in particolare su: il proseguimento del processo di convergenza interna dei titoli all’aiuto o la progressiva uscita del diritto all’aiuto; l’applicazione dell’aiuto accoppiato; l’aiuto forfettario per i piccoli agricoltori; la collocazione dell’aiuto per i giovani agricoltori, che in sé è obbligatorio, nel primo o nel secondo pilastro.

Per quanto riguarda l’Organizzazione comune di mercato, oltre ai settori tradizionali – vino, ortofrutta, olio di oliva e apicoltura – è possibile includere altri comparti, nel limite del 3% della dotazione finanziaria per i pagamenti diretti.

Più semplice la programmazione dello sviluppo rurale, con la riduzione delle misure, da 20 a 8. A questo proposito Blasi ha confermato che, sia la posizione del Consiglio che quella del Parlamento, permettono di delegare alle autorità regionali la gestione degli interventi, fermo restando il contesto programmatorio unitario assicurato dal Piano strategico nazionale. In questo modo viene ripristinato l’aspetto costituzionale che in Italia vede le regioni parti attive della gestione dei fondi europei per l’agricoltura.

Infine, sul fronte degli strumenti di gestione del rischio, la principale novità – particolarmente sollecitata dall’Italia – riguarda la possibilità di destinare una percentuale dei pagamenti diretti all’istituzione di un fondo di mutualizzazione per il risarcimento dei danni subiti dagli agricoltori a seguito di calamità naturali catastrofali. Un passaggio epocale, secondo il capo dipartimento del Mipaaf, perchè si riconosce che i pagamenti diretti possono contribuire a migliorare l’adattamento del settore ai cambiamenti climatici. L’obiettivo del Governo, in sede di triloghi, è che la quota dei pagamenti diretti per queste misure sia pari almeno al 3%, così da disporre di oltre 300 milioni per uno strumento che andrebbe a risarcire gli agricoltori che non si assicurano.

Quanto alle scelte che riguardano la fase transitoria della PAC, in attesa dell’adozione del Piano strategico nazionale in vigore dal 2023, per il 2021 e il 2022 è prevista l’estensione degli attuali Programmi di sviluppo rurale, in parte con risorse del nuovo Quadro finanziario pluriennale (QFP 2021-27) e in parte con quelle del pacchetto per la ripresa dal Covid Next Generation EU (NGEU).

I fondi per lo sviluppo rurale nel quadro di NGEU ammontano per l’Italia a 910 milioni di euro e devono essere programmati rispettando i vincoli di destinazione a favore delle misure climatico-ambientali (almeno il 37% del totale) e degli investimenti (almeno il 55%). Per la realizzazione di investimenti pubblici sono incrementate le aliquote contributive, dal 40% al 75% delle spese ammissibili, mentre sale a 100mila euro la soglia massima di aiuto per i giovani agricoltori.

Anche sui pagamenti diretti ci sono decisioni da adottare entro luglio. C’è infatti la possibilità di trasferire risorse tra pilastri, nel limite del 15% della dotazione finanziaria, dal FEASR al FEAGA e viceversa, anche se è un’opzione improbabile, che l’Italia non ha mai utilizzato. Altre scelte riguardano la prosecuzione del processo di convergenza interna, già utilizzato nel periodo 2015-2020, la possibilità di effettuare una revisione del sostegno accoppiato e l’aggiornamento della percentuale di fondi per giovani agricoltori.

 

Le raccomandazioni di Bruxelles all’Italia

Per facilitare il lavoro degli Stati membri e assicurarsi che i Piani nazionali siano orientati al raggiungimento degli obiettivi comuni, il 18 dicembre scorso la Commissione ha trasmesso delle raccomandazioni ai 27, sia relativamente ai nove obiettivi della nuova PAC che rispetto al Green Deal europeo e in particolare alle strategie Farm to Fork e Biodiversità.

“Incoraggio vivamente gli Stati membri a tenere conto di queste raccomandazioni durante la redazione dei loro piani strategici della PAC. In questo modo, possiamo garantire una Politica agricola allineata al Green Deal e che sostiene gli agricoltori come motori della transizione verde. Insieme al Parlamento europeo e al Consiglio, garantiremo che la riforma della PAC mantenga le necessarie ambizioni ambientali e climatiche”, ha commentato in quell’occasione il commissario per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, Janusz Wojciechowski.

Nel caso dell’Italia, secondo Bruxelles, il passaggio a un sistema alimentare sostenibile rappresenta una sfida, ma anche un’opportunità. L’invecchiamento della popolazione agricola, il basso livello di digitalizzazione e le piccole dimensioni delle aziende contribuiscono infatti alla bassa crescita della produttività e alla volatilità dei redditi agricoli e limitano la competitività dell’agricoltura italiana, nonostante il buon livello di organizzazione dei produttori.

Oltre al ricambio generazionale, all’accesso alla banda larga e alle nuove tecnologie digitali, serve un’attenzione specifica al trasferimento di conoscenze e innovazioni in ambito agricolo e alla formazione degli agricoltori, oltre a misure dirette a favorire l’imprenditoria e l’occupazione femminile di qualità in agricoltura e l’inclusione sociale delle persone più vulnerabili che abitano i territori rurali.

Sul fronte ambientale, poi, il trend di riduzione delle emissioni riconducibili all’agricoltura avviato tra il 1990 e 2013 si è interotto negli ultimi sette anni e deve essere riavviato per poter centrare i target dell’UE. Parallelamente, occorre lavorare sul fronte dell’adattamento ai cambiamenti climatici, anche alla luce della vulnerabilità dell’Italia al rischio idrogeologico, ridurre l’uso di pesticidi, migliorare la valorizzazione delle foreste, l’azione a tutela della biodiversità e il welfare animale. 

 

Patuanelli, accelerare i lavori sul Piano strategico PAC

Illustrando le linee programmatiche del dicastero alla commissione Agricoltura del Senato, Patuanelli ha assicurato il suo impegno sia per gestire l’attuale fase transitoria, impegnando al più presto le risorse disponibili a valere sul 2021 e 2022, che per presentare alla Commissione europea il Piano PAC entro fine 2021 e consentire l’avvio degli interventi nel 2023.

“Ho già preso contatto con l’Assessore Pentassuglia, coordinatore della Commissione politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni, per cercare di sbloccare il negoziato tra le Regioni sul riparto dei fondi FEASR destinati allo sviluppo rurale per il periodo 2021-2027”, che è in corso da oltre tre mesi e rappresenta uno degli aspetti più critici da risolvere per sbloccare il Piano.

Parallelamente, il Ministero punta ad insediare entro fine marzo il tavolo di partenariato che sarà la sede di confronto con tutti i soggetti interessati, dalle organizzazioni agricole ai rappresentanti della società civile, passando per le istituzioni nazionali e regionali e le organizzazioni ambientaliste, dal momento che l’impianto della nuova PAC e l’intreccio con la strategia Farm to Fork richiederanno scelte strategiche in materia di sostenibilità del sistema agricolo, alimentare e forestale.

L’intenzione del Ministero, ha spiegato Patuanelli, è fare del Piano strategico PAC anche un’occasione per il rilancio dei territori rurali, già alle prese con problemi di marginalità, spopolamento, carenze infrastrutturali e nell’accesso ai servizi essenziali che l’emergenza Covid-19 ha reso ancora più evidenti. Allo stesso tempo, ha sottolineato il ministro, la pandemia ha fatto emergere anche le potenzialità delle aree rurali, in termini di qualità della vita, come opportunità per un ripensamento e un rilancio dello sviluppo, che dovrebbero condurre a immaginare nuovi percorsi di rigenerazione di questi territori.

Un asset chiave, per lo sviluppo rurale e per la competitività del settore agroalimentare, sarà il digitale, su cui il Piano PAC dovrà intervenire in sinergia con il Recovery Plan e con la prosecuzione dei lavori nell’ambito della cosiddetta Space Economy. “Si tratta di un passaggio chiave – ha concluso – sia per gli aspetti amministrativi legati all’attuazione delle politiche agricole comunitarie e nazionali, sia per i servizi restituibili al mondo produttivo e, non meno importante, per gli aspetti di ricerca e sviluppo”.